Domande e Risposte Colloquio:
Preparati al meglio per il prossimo colloquio di lavoro
La nostra idea
Questa sezione offre una selezione di domande tipiche che vengono fatte ai candidati durante un
colloquio di lavoro. Le domande sono suddivise secondo le categorie professionali. Abbiamo incluso sia
domande generiche (applicabili a diversi ruoli professionali) che domande specifiche (proprie di un
determinato ruolo professionale). Sotto ciascuna domanda, offriamo esempi utili e pratici di risposta.
Noi di ColloquiAmo vogliamo fare la differenza. Vogliamo condividere con chi intende prepararsi ad un
colloquio di lavoro informazioni che riteniamo indispensabili, concrete, competenti, valide. La serie di
domande e risposte che abbiamo selezionato in questa sezione per i nostri clienti sono frutto di
approfondita ricerca, attenzione per la soddisfazione dei nostri clienti, e soprattutto sono il
risultato di anni di esperienza nel mondo del lavoro e di supporto formativo e professionale.
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Come gestiresti una crisi di un paziente?
La crisi è la manifestazione di una sofferenza da parte del paziente che può avere
diverse origini. In generale saper distinguere il tipo di crisi in atto è importante per
la successiva scelta dell’intervento da porre in essere o, di converso, da evitare.
Immaginiamo ad esempio di aver a che fare con una crisi convulsiva
generalizzata, che è tra le più temute poiché giunge a sorpresa ed ha una forte
incidenza emotiva sulla persona. In questi casi si verificano attacchi caratterizzati da
difetto di ossigenazione e contrazione dell’intero apparato muscolare che provocano una
flessione del capo in avanti o una caduta improvvisa. Saper agire è dunque fondamentale.
Personalmente mi atterrei alle linee guida dettate dal sistema nazionale, che
prevedono di proteggere il soggetto da eventuali lesioni della testa o del corpo, senza
provare a rialzarlo o spostarlo dalla sua posizione; di aiutarlo a respirare, allentando
oggetti che stringono (come cinture o indumenti), evitando nella maniera più assoluta di
aprirgli la bocca per praticare una respirazione artificiale o dargli da bere; dopo la
crisi, di posizionarlo su un fianco per favorire la fuoriuscita di liquidi (vomito o
saliva), attendendo che riprenda conoscenza, controllando i parametri vitali per
verificare eventuali shock, stando sempre pronta, se gli attacchi dovessero
ripresentarsi, ad intervenire con la procedura d’emergenza (che prevede anche
l’intubazione in alcuni casi).
Parlami di una situazione difficile che hai dovuto affrontare durante il tuo lavoro
Per la natura del mio lavoro spesso si prospettano situazioni tristi e difficili da
affrontare, il più delle quali hanno a che fare con la sopravvivenza di un animale.
Ne ricordo una in particolare che mi colpì in maniera significativa. Si
presentò in ambulatorio una coppia di anziani chiedendomi di alleviare gli ultimi
giorni di vita del loro amato peloso, anch’esso anziano e malato cronico da tempo.
Come pattuito, mi recai presso la loro abitazione qualche settimana più
tardi per praticare l’eutanasia, unica strada percorribile purtroppo. Quel giorno,
oltre ai padroni di casa, c’erano figli e nipotini della coppia, tutti legati da un
rapporto d’amore profondo per l’animale. È stato uno dei momenti più intensi e
difficili della mia carriera, perché, in genere, questi interventi li pratico in
ambulatorio in presenza di pochissime persone. Senza perdermi d’animo, illustrai
quale sarebbe stata la procedura e come avrebbero dovuto comportarsi nei momenti
antecedenti l’iniezione letale. Praticai una pre-anestesia, così da dare il tempo di
poter esperire l’ultimo saluto al cane. Una volta che tutti ebbero modo di mostrare
la propria vicinanza, chiesi di lasciare la stanza per concludere l’operazione. Fu
un intervento molto toccante, non tanto per la difficoltà in sé dell’atto quanto per
i sentimenti di affetto e dolore in ballo, davvero complicati da gestire tutti
insieme. Un’esperienza forte che mi ha segnato.
Quali abilità usi quando intervisti le persone?
Come giornalista in veste di intervistatore ritengo di possedere una discreta abilità
nell’ottenere le risposte che cerco. L’esperienza maturata sul campo mi consente infatti
di capire, nel lasso di poche battute, che tipo di interlocutore ho di fronte, anche se
non l’ho mai conosciuto in precedenza. Questo facilita notevolmente il mio compito. Di
norma mantengo un atteggiamento neutrale nei confronti dell’intervistato e degli
argomenti trattati, evitando di infastidirlo con parole o ad atteggiamenti provocatori
che possano spingerlo sulla difensiva o a chiudersi del tutto.
Le interviste più
sono scomode e più sono buone, si sa, e personalmente parto sempre da un sincero
interesse a sapere cosa ha da dire la persona interrogata in merito alle questioni che
gli sottopongo. Per giungere a questo risultato utilizzo un approccio pacifico nel
linguaggio (verbale e corporeo), non aggressivo nei toni e temperato nei modi. Insomma,
non miro a realizzare una sorta di tribunale di inquisizione ma, in un certo senso,
provo a dar vita ad una specie di colloquio in libertà, con una persona intenzionata ad
ascoltare tutte le ragioni del caso, senza la necessità di esprimere giudizi di merito.
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